I Subsonica compiono 15 anni e Boosta (il suo vero nome è Davide Dileo), il tastierista del gruppo, li riassume così in un’intervista rilasciata a Il Corriere della Sera:
Sono stati anni di crescita, sia umana che artistica, e di sopravvivenza, visto che siamo partiti da un mondo musicale di cui siamo rimasti pochi, siamo degli highlander.
I Subsonica per festeggiare il loro anniversario hanno messo in piedi un minitour: cinque concerti ad aprile con tutte le canzoni della loro carriera (comprese quelle dell’ultimo album, Eden, di cui da poco è stata rilasciata la versione acustica) e con una sezione speciale dedicata ai brani del primo disco (Subsonica) che verranno eseguite con gli strumenti dell’epoca.
Quasi a sottolineare come 15 anni significhino un’era geologica:
La strumentazione di allora, anche quella elettronica, si suonava “a mano”; il mondo digitale ha cambiato tutto in pochi anni.
Se dici Subsonica pensi a Torino, quella degli anni ’90. Max Casacci, chitarrista, ricorda:
Un periodo emozionante che veniva dalla morte psichica degli Ottanta. Quella Torino ci ha dato grandi stimoli e noi l’abbiamo spinta ad accelerare i tempi di svecchiamento e di abbandono del cliché della città monoteista industriale.
Infine, il racconto dell’origine del nome Subsonica; Samuel Romano, voce e anima melodica del gruppo, rivela:
Volevo la parola “sonica” perché richiamava il concetto di suono ed era nel testo di un brano che amavo (dei Marlene Kuntz, Ndr ), mentre Max puntava a sub-qualcosa perché ricordava quelle sub frequenze che smuovono fisicamente le persone. Una sera in macchina continuavamo a beccarci e la sua fidanzata di allora propose quel banale collegamento. Ci furono un attimo di silenzio e un “ci pensiamo”. Il giorno dopo divenne il nostro nome.
«Sono stati anni di crescita, sia umana che artistica, e di sopravvivenza, visto che siamo partiti da un mondo musicale di cui siamo rimasti pochi, siamo degli highlander». Così Boosta, nome d’arte di Davide Dileo, tastierista e deejay, riassume 15 anni di Subsonica.
Anche le band compiono gli anni. E per celebrare la ricorrenza, il più grande gruppo rock italiano ha pensato a un minitour: cinque concerti ad aprile con tutte le canzoni della loro carriera (ovviamente anche dell’ultimo album, «Eden», di cui è appena uscita una versione acustica) e con una sezione speciale dedicata ai brani del primo disco («Subsonica») che verranno eseguite con gli strumenti dell’epoca. Avere 15 anni ed essere già vintage… «La strumentazione di allora, anche quella elettronica, si suonava “a mano”; il mondo digitale ha cambiato tutto in pochi anni», precisa Max Casacci, chitarra e mente musicale.
Torino, anzi la Torino anni 90 che usciva dalla crisi industriale per infilarsi nei locali dei Murazzi e nei rave fino all’alba, è stata la loro culla. «Un periodo emozionante che veniva dalla morte psichica degli Ottanta – ricorda Casacci -. Quella Torino ci ha dato grandi stimoli e noi l’abbiamo spinta ad accelerare i tempi di svecchiamento e di abbandono del cliché della città monoteista industriale». Oggi Fiat dice che se ne potrebbe andare dall’Italia… «La città può fare a meno della Fiat, difficile immaginare il contrario», puntualizza Samuel Romano, voce e anima melodica del gruppo. Casacci rilancia: «Non è più un ingombro. Una volta la vocazione produttiva costringeva la città a chiudere prima di mezzanotte. Il rapporto di forze oggi è invertito: Fiat, senza l’indotto, occupa 5 mila persone, il mondo della notte ne conta 30 mila».
Per i cinque, il rock ha anche un lato impegnato. Ieri sera hanno suonato al Teatro Valle occupato: «È uno dei simboli della cultura che è un biglietto da visita e un valore economico per l’Italia», annota Casacci. Per il prossimo tour, come sempre, avranno prezzi popolari (20 euro più prevendita): «Abbiamo un approccio di sensibilità sociale – è sempre il chitarrista a parlare -: una persona non può trovare le porte della musica chiuse perché non ha i mezzi per avvicinarsi».
L’origine del nome Subsonica, come nella miglior tradizione del rock, è casuale. Racconta Samuel: «Volevo la parola “sonica” perché richiamava il concetto di suono ed era nel testo di un brano che amavo (dei Marlene Kuntz, ndr ), mentre Max puntava a sub-qualcosa perché ricordava quelle sub frequenze che smuovono fisicamente le persone. Una sera in macchina continuavamo a beccarci e la sua fidanzata di allora propose quel banale collegamento. Ci furono un attimo di silenzio e un “ci pensiamo”. Il giorno dopo divenne il nostro nome».
A farli esplodere fu Sanremo 2000 con «Tutti i miei sbagli». «Ci andammo con l’idea della gita allo zoo», ammette Casacci. Dai piccoli club, dal mondo indie che incrociava elettronica, dub e drum’n’bass con il rock e la sensibilità pop al palco dell’Ariston. I marziani… «Fu una scelta combattuta: da un lato Fabio Fazio aveva aperto alla musica nuova e vedevamo gente simile a noi come Avion Travel, Consoli e Max Gazzé, dall’altro nessuna band simile a noi ci era mai andata». Una sorpresa per i fan. «Fu uno dei primi esempi di social network – dice Boosta -: usammo il sito per chiedere cosa ne pensavano e si scatenò il pandemonio».
Dopo Sanremo è stata un’altra storia, ma come si tiene assieme tutto? Spiegazione corale. «Siamo un organismo pentacefalo, un’assemblea plenaria che arriva vicina alla rottura almeno una volta all’anno», ammette Boosta. Samuel sottolinea «le difficoltà nel gestire singolarità e personalità che però arrivano sempre alla simbiosi». E Max rimarca la differenza dalla regola del rock: «Non siamo una struttura verticale con un leader: si rischia di andare in direzioni diverse, ma se c’è armonia si superano i limiti e i blocchi dei singoli».