Oggi Johnny Cash avrebbe compiuto 80 anni e probabilmente ci avrebbe fatto ancora ascoltare la sua inconfondibile voce con le sue fantastiche canzoni.
Nato in Arkansas da una famiglia numerosa di agricoltori (e con sangue cherokee nelle vene),
Oggi Johnny Cash avrebbe compiuto 80 anni e probabilmente ci avrebbe fatto ancora ascoltare la sua inconfondibile voce con le sue fantastiche canzoni.
Nato in Arkansas da una famiglia numerosa di agricoltori (e con sangue cherokee nelle vene),
Sta facendo il giro del mondo la notizia che i Sigur Ros, il gruppo islandese che sta avendo al momento un periodo particolarmente fortunato, saranno i protagonisti della puntata finale della 24° stagione dei Simpson.
Sia da parte dei Sigur Ros che da parte di Matt Groening, demiurgo della gialla famiglia di Springfield, è stato espressa una grande soddisfazione per questa collaborazione.
Negli ultimi trent’anni il rapporto tra musica, cinema e fumetto si è intensificato al punto da rendere impossibile la concezione di una nuova idea artistica che non compenetri almeno due di questi tre campi. Al di là delle colonne sonore tratte da film di supereroi (cercando quindi di tenere bene alla larga la Batdance di Prince), esistono un’infinità di canzoni e concept album ispirate a qualche fumetto. Così come molti comics traggono la loro ragion d’essere grazie a delle canzoni (Hellblazer di Garth Ennis ha nei Pogues il suo filo conduttore, così come quel crogiuolo di citazioni che è V for Vendetta passa con disinvoltura da Beethoven a Elton John). In questo piacevolissimo caos artistico, eccovi 10 pezzi che l’amante dei supereroi o il fumettaro incallito non possono assolutamente aver dimenticato.
Partiamo dal banale. Quello dei Five For Fighting è probabilmente il pezzo buonista per eccellenza, che mette l’Uomo d’Acciaio sotto una luce romanticamente vittimista. “Non è facile essere me” ripete il ritornello, tra gli sbadigli dei nerd e l’astio dei rockettari. Colpa sicuramente di un tono di voce pericolosamente a metà strada tra Dave Matthews e Eddie Vedder, soprattutto in un periodo in cui tutti scimmiottavano l’accento di Seattle. Ma il fatto strano è che loro non riesci proprio ad odiarli, a meno che non abbia qualche altro motivo personale.
Ci sono due parole che uniscono l’appassionato di fumetti e quello musicale. Due parole che, come una malvagia intersezione di insiemi, mettono in luce i lati peggiori di due figure già al limite della sociopatia. Una di queste è ovviamente “Nerd”, l’altra è “Metal”, soprattutto se nella sua accezione classica. Parlare con un nerd fumettaro e parlare con un affossato del metal è praticamente come parlare con la stessa noiosissima persona. Entrambi pestati in gioventù dai compagni di classe più grossi, l’unica differenza tra le due categorie è che chi veste il chiodo in genere finge spudoratamente di essere aggressivo. A difesa dei Megadeth ci sono solo due fattori. Il primo è che piacciono soprattutto alle ragazze, il secondo è che questo pezzo si ispira al Punisher, uno dei pochi fumetti Marvel assolutamente destinato a un pubblico non nerd.
Uno dei migliori pezzi del duo Pelù-Renzulli. Il titolo richiama al cowboy più importante dei fumetti Bonelli, ma nei fatti la canzone è un chiara denuncia al genocidio dei nativi americani. A farne le spese è proprio il nostro John Wayne cartaceo: sebbene non venga mai nominato, si guadagna la pessima reputazione di buono a parole che ruba la terra agli indiani.
Mettiamo una cosa in chiaro e lasciamocela subito alle spalle: tutta questa faccenda della J e dei 27 è decisamente pretenziosa.
Spesso, vuoi per cultura o per abitudine, siamo portati a pensare la vita in maniera geometrica: presi due punti, tracciamo una linea. Tuttavia, come l’Olocausto insegna, applicare il rigore matematico alla vita sociale potrebbe comportare certe difficoltà. Tant’è che stereotipi e razzismi nascono proprio con lo stesso metodo: prendi tre o quattro casi (su milioni che ce ne sono) e ne azzardi una regola.
Nel caso della Maledizione, la faccenda nasce più o meno tra il ’69 e il ’71, triennio in cui l’amore libero e la cultura delle droghe miete quattro tra le più famose vittime del rock (Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison): tutte di 27 anni, tutte con una J nel nome. Una volta nato lo stereotipo, la questione diventa semplice: tutto ciò che rientra in esso è una conferma alla regola, e poco importa se le casistiche contrarie siano parecchio numerose (non sono che semplici eccezioni). Se poi salta fuori che Amy Winehouse aveva un Jade nel suo nome completo, tanti saluti a tutti.
Sono quindi nate due correnti di pensiero: la Maledizione della J e il Club dei 27. Spiegare entrambe a questo punto è pressoché inutile. Ma come dicevamo prima, la faccenda è totalmente pretenziosa. E un mucchio di salme con la J nel nome è sicuramente un ottimo pretesto per ascoltare 10 capolavori.
Che ci piaccia o meno, bisogna ammettere che Amy Winehouse è stato un punto di riferimento per la musica nazionale e straniera di questi ultimi anni. Da Giusy Ferreri ad Adele, l’intero genere del soul è stato completamente rimodernato e rilanciato (con il pessimo nome di Jazz-pop, ma tant’è), incorrendo anche in quel pubblico che poco apprezza la black music. Ufficialmente Amy è morta durante l’assunzione di alcolici, ufficiosamente era sempre fatta come una pigna.
Nessuno li ha mai inseriti nella maledizione. Eppure sono due nomi con la J, e nondimeno sono morti. Il vocalist dei Clash ci ha lasciati con un infarto alla fine del 2002, e giusto pochi giorni fa gli è stata dedicata una piazza a Granada. Johnny invece è morto a 73 anni per diabete o forse per troppa dolcezza, visto che erano passati solo pochi mesi dalla dipartita della moglie, la tanto amata June. Eh sì, anche lei.
Brian Jones fu trovato annegato nella sua piscina, l’uso di droghe non fu mai del tutto confermato. Ma probabilmente non ce n’era nemmeno bisogno. Una vita turbolenta, sia dal punto di vista fisico che sentimentale, che stemperava solo con l’amore della musica: rischio di paternità a 17 anni, problemi disciplinari a scuola, furti sul lavoro per comprare strumenti musicali. Secondo Keith Richards fu lui a dare il nome Rollin’ Stones alla band. Eclettico come pochi, si può dire che con la sua morte sia stato il primo fondatore dei J27.
Scampati anche stavolta alla “fine del mondo per come lo conosciamo”, non ci resta da far altro che riflettere un attimo sul nostro passato prima di andare avanti. Ormai è chiaro come l’Apocalisse sia un evento che ripugna e attrae allo stesso tempo. I Muse dicevano Apocalypse, Please, Barry McGuire parlava di vigilia della distruzione e i R.E.M. e Ligabue hanno dato sull’argomento un’opinione musicale tra le più citate di questi ultimi giorni. Ogni decennio ha avuto il suo spauracchio, dalla Guerra Fredda al millenium bug, passando per la sempreverde Rivelazione di Giovanni.
Anni 60. Il Vietnam, l’Unione Sovietica, Cuba. Il pericolo comunista era stato messo di forza su un podio mancante di Hitler. Una ballata ispirata al Libro di Isaia, l’inizio della fine visto dalla cima di una torre di guardia. E’ il pericolo della Guerra Fredda che si fa sempre più forte, cantato nel 67 da Bob Dylan e rielaborato l’anno successivo da Hendrix, un periodo in cui sembrava che tutti negli States avessero un bunker sotterraneo nel giardino di casa.
L’album 666 ha un nome che si spiega da solo. Forse la punta più alta della produzione di Vangelis, Roussos e soci, è un album fondamentale per gli amanti del prog e della psichedelia. Naturalmente, per il suo anno di uscita (1972) aveva delle idee considerate sin troppo audaci (come il mantra recitato dall’attrice Irene Papas, un misto tra isteria e sessualità spinta). Si aprono i sette sigilli, i cavalieri stanno arrivando, e tutto ciò che possiamo fare è chiederci finché siamo in tempo se quello che abbiamo fatto come individui e come società saprà mostrarsi degno degli eventi a venire.
Novità in vista per Johnny Cash. Il nuovo album dell’artista uscirà l’11 ottobre e si intitolerà Johnny Cash Bootleg lll: Live Around the World. Si tratta di un disco che tutti gli ammiratori non si possono lasciare sfuggire: all’interno di saranno una serie di rarissime registrazioni eseguite dal vivo, alcuni brani inediti e un diario di viaggio dai suoi primi giorni sulla strada, passando per il Big D Jamboree di Dallas nel 1950 per arrivare al concerto alla Casa Bianca di Washington, DC nel 1970.